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DI QUALI PAROLE AVREMO BISOGNO? IHM VISTO DA BOLLICINE COMMUNITY

Mi sia consentita una personale lettura della sesta edizione dell’IHM.
In fin dei conti, Bollicine Community ha vissuto fianco a fianco, giorno per giorno, 30 anni di storie personali e industriali, impegnandosi in un intenso lavoro di ricerca, ascolto e apprendimento.

a cura di Graziano Guazzi

Gazzosai

Per far crescere le aziende occorre intelligenza, prontezza nell’agire, fantasia, intuizione e scaltrezza, capacità e spregiudicatezza, attitudine al comando, egoismo, ambizione rispetto al successo e al potere, senso del rischio. Queste doti vanno esercitate con intuito e istintiva capacità di valutare e agire nel farsi immediato della situazione.
Lo sanno bene i “gazzosai”… L’emozionante lavoro di Giuseppe Rotolo ha, infatti, raccontato con avvincente efficacia le tribolazioni e le metamorfosi che dal dopo guerra li hanno condotti al presente.
Da “gazzosai” messi fuori mercato dall’industria, a leali partner di quella stessa industria, capaci di presidiare, con competenza, diligenza, capillarità e sacrificio, in una parola con imprenditorialità, un territorio lungo e stretto, composito e contraddittorio, ricco e povero, leale e insidioso. Imprenditorialità capace di idee lungimiranti, che a partire dal 1975 hanno dato vita dapprima ai Consorzi, poi a Italgrob.
Realtà, queste, che hanno saputo sintetizzare capacità personali e storie talvolta anche molto diverse, suggerendo lucide chiavi di lettura delle dinamiche di mercato, del ruolo e dei punti di forza della categoria.
Imprenditorialità spiazzante, che ha saputo difendere il territorio reagendo all’esondazione della grande distribuzione che ha spazzato via i negozi di vicinato e ai cambiamenti delle strategie industriali (network: Partesa, Carlsberg, Doreca), quando, siamo alla fine degli anni 80, decisero di non averne più bisogno.

Prima noi rinnoviamo i nostri edifici, poi i nostri edifici modellano noi

Il racconto di Giuseppe si raccorda con quello di Lucio Roncoroni – direttore del Consorzio CDA. La sua brillante relazione ha illustrato i cambiamenti che stiamo vivendo: tecnologia, notizie in tempo reale, consumatori maggiormente informati, attenzione all’ambiente, lotta agli sprechi, solidarietà, nuovi luoghi e occasioni sociali di consumo, minore importanza delle marche, maggiore richiesta di servizi e cibi sani, aumento degli acquisti in rete, nuovi operatori, multi etnia … saremo meno italiani, più vecchi, più soli, dovremo ricercare nelle relazioni amicali quello che sino a oggi abbiamo attinto dalla famiglia. L’incalzare di questi scenari, illustrati con percentuali impressionanti, si chiude di colpo con una pausa a cui segue una domanda: quali saranno i ruoli dell’Industria e del Grossista? Sono certo, Lucio e Giuseppe hanno richiamato alla mente gioie e dolori, sconfitte e vittorie, ravvivando il sentimento di appartenenza…ma sono anche intrise di una terribile verità, o se volete un provvido avvertimento: ogni creazione umana, diventando utile, si rende proprio per questo autonoma, quindi instabile, incerta, imprevedibile. Ogni cosa “vive”, si ribella e combatte per non “morire”: la forza la trova nelle nostre menti, nei nostri desideri, nei nostri corpi, nella nostra cultura. Dove “nostro” significa “mio”, ma contemporaneamente di miliardi di altri individui. Come diceva Winston Churchill: prima noi rinnoviamo i nostri edifici, poi i nostri edifici modellano noi.
Rifacciamoci la domanda: quali saranno i ruoli dell’Industria e del Grossista?

Il dovere dell’informazione, AFDB

Dicevamo che per far crescere le nostre aziende occorrono doti che non si acquisiscono sui banchi di scuola. Eppure, queste che sono le qualità dell’imprenditore, non bastano per fronteggiare le sfide che il presente ci impone. Per leggere le dinamiche del mercato e governare i processi aziendali con le informazioni è necessario saper gestire le informazioni. Tuttavia, molto spesso si ignorano le conseguenze che derivano da questo paradigma. Oggi, più che mai le aziende sono letteralmente a bagno nei dati, ma proprio per questo è necessario comprendere, è dovere dell’imprenditore agire di conseguenza, che il dato in sé è solo un numero che, per diventare informazione, ha bisogno di specifiche conoscenze (anche teoriche) e strutture tecnologiche (informatica) che lo governano. Diversamente, i rischi sono: calcoli errati e/o far dire ai dati quello che non possono e non vogliono dire.
Sia ben chiaro che non credo nell’uso non problematizzato della teoria, e dell’informatica, a discapito dell’esperienza e di altre capacità personali. L’informazione e la conoscenza sono essenzialmente creazioni umane, e non riusciremo a gestirle efficacemente se non assegniamo alle persone un ruolo primario: gli investimenti nella tecnologia, punto e basta, non funzionano.
Ma è anche vero che l’enfasi posta ai limiti delle discipline (e della tecnologia), il più delle volte solo per un atteggiamento difensivo nei confronti di materie poco conosciute (spesso mi sento dire: si è vero, ma il mio è un caso a parte …), porti ad associare il concetto di teorico a quello di non pratico. Questo è un errore perché, più spesso di quanto si è portati a pensare, non c’è nulla di più pratico (efficace ed efficiente) di una buona teoria e adeguate soluzioni informatiche a supporto.
La sfida è dunque la ricerca dell’equilibrio. La ragione è che i momenti di frizione tra “fiuto” e gestione manageriale, tra uomo e sistema informatico, se correttamente rapportati, consentono di sviluppare tutte le accelerazioni e le manovre necessarie per affrontare sfide sempre più difficili. D’altronde, è proprio partendo da questi paradigmi, che su impulso di Italgrob e di altre primarie aziende industriali italiane della filiera del Beverage, nel 1999 è nata AFDB – Associazione per la Formazione nella Distribuzione del Beverage – il cui unico scopo è la concreta promozione della cultura manageriale di un settore storico dell’economia italiana come quello della distribuzione fuori casa.

Funzionalisti, Edonisti, Abitudinari, Esigenti

L’ottimo esercizio, peraltro ben presentato all’IHM dagli iscritti alla seconda edizione del Master in Trade Management del Consumo Fuori Casa, fornisce il materiale per tornare a una problematica non ancora del tutto risolta: l’uso di un “linguaggio comune”.
Tema presente nel piano programmatico di Italgrob, sul quale, nel 2013, ha aperto un tavolo di lavoro. Per la cronaca, Riccardo Marinoni, direttore Beverage Network, ha illustrato lo stato avanzamento dei lavori.
Una teoria piuttosto controversa, ma comunque interessante, proposta all’inizio del secolo scorso dall’antropologo americano Franz Boas, suggerisce che, ad esempio, per un italiano può bastare un unico termine con cui identificare la neve, ma nella lingua degli eschimesi, per cui rappresenta letteralmente una questione di vita o di morte, di parole ne occorrono di più. Viceversa, comunità linguistiche che abitano in luoghi caldi identificano neve e ghiaccio con un’unica parola, come capita per esempio nella lingua hawaiana con il termine “hau”.
Secondo Boas il vocabolario di una lingua sarebbe fortemente influenzato dalle necessità e dagli interessi delle persone che la parlano e, viceversa, che i nostri processi cognitivi siano determinati e limitati, almeno in parte, dalla lingua che parliamo.
Come ho già avuto modo di raccontare su questa rivista, alla filiera manca un dizionario scientifico. Bollicine Community è, infatti, testimone del fatto che le Imprese, indipendentemente dalla cultura aziendale e dalle dimensioni, usano parole simili associandole a personali definizioni, segmentazioni del mercato e delle merceologie. Il che rende improbabile il confronto e mina la possibilità di aggregare i numeri (in definitiva di estrarre con rigore scientifico informazioni). Per quale ragione? Il territorio e i bisogni non sono forse gli stessi?
Ritornando agli studenti, a prescindere dal risultato, il loro lavoro ha il merito di essere entrato nel vivo del problema. Lo ha fatto illustrando le metodologie (definizione degli obiettivi, ipotesi, interviste qualitative e quantitative, tecniche di Factor Analisys e Cluster Analisys) che da una parte consentono di assegnare alle parole significati precisi, dall’altra chiariscono le ragioni della loro esistenza, danno fondamento alla loro capacità (incluso i limiti) di saper cogliere le dinamiche del mercato e indirizzare le strategie aziendali. E’ il percorso che fa delle parole un sapere di categoria. Alla fine della presentazione, si poteva essere in disaccordo con gli obiettivi e le ipotesti, ma tutti conoscevamo con precisione il significato delle etichette Funzionalisti, Edonisti, Abitudinari ed Esigenti.
Auspico che, a partire da questa edizione del master, i lavori meritevoli siano resi visibili attraverso spazi istituzionali (GBI, portale Italgrob, portale dedicato).

Conclusione

Alle domande poste da questa edizione dell’IHM, credo si possa strategicamente aggiungere: di quali parole avremo bisogno?
Sono domande alle quali ogni impresa (come è sempre successo) dovrà dare una risposta “privata”, ma che i Consorzi, Italgrob e AFDB possono accogliere accelerando il percorso già intrapreso: da una parte confezionando spazi formativi dedicati agli imprenditori ai manager e alla forza vendite, dall’altra stimolando veri e propri percorsi di ricerca, dando così l’avvio ad una letteratura scientifica che sarebbe di aiuto a tutta la filiera.

Il petrolio del terzo millennio

Ho già avuto modo di farlo, ma questa è una buona occasione per ribadirlo: l’Informazione è una delle forme dell’Energia.
E’ mia convinzione che l’equazione “informazione = energia = potere” è un assunto che ci permette di leggere meglio la contemporaneità. Ad esempio, l’esplosione di servizi la cui fruizione è “gratuita (?!)” quali i social network, whatsapp, etc. e fenomeni quali le “bufale” manipolatorie, di cui tanto si parla in questi giorni. Oppure i nuovi giochi: laboratori sperimentali su scala mondiale che permettono di corroborare nuove tecnologie/intelligenze estrattive. D’altronde, che l’Informazione sia Energia (e questa sia Potere) è un sapere antico.
Ad esempio l’impero assiro dei Sargon II, otto secoli prima della nostra era, disponeva di un servizio di informazione che imponeva a ogni suddito di riferire quanto vedeva e sentiva. Infatti, la buona (o cattiva) informazione può modificare la decisione, la strategia e, nei casi critici, il corso della Storia.
La novità è che in un mondo che sta accelerando i processi di dematerializzazione, con buona probabilità, questa forma di Energia avrà il primato su tutte le altre. Saremo sempre più visibili.
I Metadati accumulati nella rete diventeranno il nuovo petrolio. L’intelligenza artificiale, i pozzi che permetteranno di estrarlo, raffinarlo ed infine trasformarlo in artefatti (e nuove mappe mentali) pronti al consumo.
Di questa metamorfosi abbiamo emblematici segnali nel linguaggio comune (una delle forme delle mappe mentali).
La pirateria è diventata informatica, gli attacchi sono cibernetici e se chiedi a un ragazzino cosa sia un virus, ti risponderà che è un serio problema per il suo smart phone. Solo crescendo, scoprirà che sono, anche, organismi piccolissimi, semplici e temibili, capaci di infettare, anche in modo fatale, uomini e animali (almeno, fino a quando avremo un corpo).
Alle persone nate nel secolo scorso, questi sviluppi, fisiologicamente iscritti nei percorsi di conoscenza, fanno paura. In effetti, sarebbe un errore non considerare che una cultura può produrre ciò che la manderà in rovina.
Ma lo sarebbe anche non considerare che questo esito non è né necessario né inevitabile.